
Pittura, disegno, scultura… l’arte in tutte le sue forme è una sollecitazione che porta diversi benefici alle persone affette da Alzheimer e altre forme di demenza. Allevia i disturbi comportamentali e aiuta a esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni.
L’arteterapia è una terapia non farmacologica e non verbale che utilizza strumenti e materiali artistici in grado di sollecitare le persone affette da demenza provocando mutamenti organici e fisici in grado di migliorare la condizione di vita del malato.
Le stimolazioni riescono infatti a rievocare ricordi o emozioni legate a certi momenti vissuti e soprattutto permettono di esprimerle a livello non verbale. L’arteterapia per questo si è dimostrata molto utile ed efficace negli stadi avanzati dell’Alzheimer quando, oltre ai disturbi cognitivi, compaiono anche molti deficit comportamentali e psico-motori e, in generale, la sensibilità (uditiva, visiva, olfattiva) delle persone risulta alterata. Questo succede perché anche nelle fasi avanzate si conserva un residuo di identità e di autoconsapevolezza, che è ciò che si cerca di stimolare in genere con le tecniche riabilitative cognitivo-comportamentali, dette ROT (Reality Orientation Theraphy).
L’arte è capace di stimolare l’identità personale di ogni individuo, valorizzando le sue capacità residue. I primi esperimenti sono stati condotti dal Museum of Modern Art (MoMA) di New York nel 2006 e dal National Museum di Liverpool nel 2014. Oggi anche diverse realtà italiane hanno avviato attività simili e l’arteterapia è uno strumento usato quotidianamente anche in molte RSA, ma può anche essere usato in ambito domestico. L’importante è che si chieda sempre il supporto di un medico che calibra la terapia in base all’analisi del paziente, valutandone la storia e i bisogni, anche in base allo stadio di avanzamento della malattia.
Arteterapia e Alzheimer: come funziona
L’arteterapia funziona meglio quando il ricordo e la possibilità di manifestare le emozioni sono parte integrante della terapia, cercando dunque non solo di stimolare la memoria, ma anche di connettere con la realtà circostante.
Le esperienze, agendo sulle connessioni neuronali, plasmano i circuiti su cui si basano memoria, emozioni e coscienza di sé e innescano una risposta complessa che permette anche ai pazienti con poche capacità residue di riappropriarsi della propria storia, almeno emozionalmente. Infatti anche quando il linguaggio è compromesso, il corpo rimane un buon veicolo per comunicare, permettendo di entrare in contatto con il malato e di instaurare una relazione con lui. Attraverso l’arte il nostro malato sarà in grado di esprimere il dolore e la sofferenza, ma anche di farlo sentire amato e al sicuro.