
Amore. È questa la cura più efficace per i nostri malati di Alzheimer. Come spiegano Angelo Bianchetti e Marco Trabucchi nella guida di recente pubblicata con alcuni consigli per i caregiver, non si tratta di retorica. Esistono anche studi epidemiologici a conferma di questa affermazione, avendo dimostrato che in molte circostanze l’amore permette di rispondere positivamente a situazioni altrimenti ritenute ingestibili. Vediamo come.
Perdere pezzi della propria storia, non sapere riconoscere e ricordare, avere difficoltà a comunicare sono condizioni difficile da accettare e da gestire e quando è così sentirsi al sicuro, protetti e amati porta grande sollievo, migliorando anche le condizioni di salute. Ciò non vuol dire che basta l’amore per far guarire un nostro caro: purtroppo non esistono ancora terapie in grado di fermare o far regredire l’Alzheimer e, anzi, proprio per questo diventa fondamentale supportare il malato e la malattia in altri modi. Con le terapie farmacologiche indicate dal medico specialista, ma anche con quelle cosiddette non farmacologiche che includono, per esempio, la doll therapy o l’art therapy, ma anche con il nostro atteggiamento quotidiano.
La relazione di cura che instauriamo con il nostro caro incide sulla sua salute, se non è ben impostata può portare all’aggravarsi della malattia, questo succede perché le persone, anche quelle affette da una demenza, sono sempre in grado di recepire un gesto di affetto, una manifestazione di tenerezza, di sentire una carezza. L’atmosfera che si crea attorno all’ammalato produce risultati; quindi tolleranza, dolcezza, rispetto sono le parole chiave.
A volte sembrerà difficile, se non impossibile, perché la tensione e la sofferenza del malato e anche dei caregiver sono grandi, ma bisogna fare di tutto per cercare di mantenere l’ambiente in cui si vive il più sereno possibile sia a livello fisico sia psichico, “familiarizzando” fin da subito con la malattia e indagando ogni terapia possibile, grazie all’aiuto di uno specialista a cui è importantissimo rivolgersi.
Cura Alzheimer e caregiver: l’importanza della comunicazione
Un ruolo fondamentale, volendo instaurare una buona relazione con il nostro malato e prendendoci cura di lui con amore, lo occupa la corretta comunicazione. Non bisogna mai smettere di comunicare anche quando le facoltà di parola e di ascolto della persona malata, in fase avanzata della malattia, saranno svanite.
È importante tenere a mente questi corretti comportamenti quando ci si rapporta con una persona affetta di demenza:
- parlare lentamente, con tono di voce basso e calmo, scandendo bene le parole;
- se necessario, ripetere più volte anche messaggi semplici, mettendosi di fronte e alla stessa altezza della persona con la quale si sta parlando, senza fretta;
- quando possibile, nel rispetto della persona, dei suoi sentimenti e dei suoi desideri, creare un contatto fisico, prendendo per mano il malato, abbracciandolo, in modo da fargli percepire una vicinanza calda, affettuosa e serena.
Cura Alzheimer e caregiver: come accettare un aiuto esterno
Nel delicato contesto dell’attività di cura di una persona affetta da demenza, un’ulteriore difficoltà è rappresentata da un terzo soggetto, ovvero da chi viene assunto per aiutare a curare e gestire il malato quotidianamente (il badante). Per facilitare il suo lavoro è molto importante rispettarlo e cercare di creare un rapporto sinergico, un’alleanza basata sulla fiducia e sul reciproco sostegno, a favore di una migliore qualità della vita del nostro caro.
Molto spesso la presenza di un “badante” è osteggiata dal caregiver, che motiva il rifiuto con la difficoltà da parte dell’ammalato ad accettare la presenza di un estraneo. È da considerare invece il ruolo fondamentale di supporto: prendersi cura di una persona malata di Alzheimer è impegnativo sia al livello fisico sia psicologico, quindi non bisogna mai scordarsi di chiedere aiuto, per il bene del nostro caro.