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Come curare l’Alzheimer: i consigli degli operatori

By Ottobre 15, 2021Alzheimer
Curare l'Alzheimer

Il tema della cura dell’Alzheimer è un argomento di cui si parla sempre di più dal momento che è un tema molto delicato. Come comportarsi con i nostri cari? Come possiamo alleviare il loro dolore e la loro sofferenza? Grazie ai contributi del tour Fermata Alzheimer scopriremo consigli pratici da mettere in atto subito.

 

I disturbi del comportamento, sintomi dell’Alzheimer, sono spesso i più difficile da gestire per i caregiver perché risultano incomprensibili e senza senso. Invece lo hanno per chi li mette in atto. Si tratta spesso di comportamenti ripetitivi – sia gestuali sia vocali – e quasi sempre sono contrari a quelle che sono le nostre norme sociali, nel senso che possono risultare fuori luogo, se non addirittura comportamenti maleducati. Possono perfino arrivare a essere atteggiamenti aggressivi, anche in questo caso, sia fisicamente sia verbalmente.

È dunque facilmente comprensibile, a causa delle loro caratteristiche, perché i sintomi comportamentali siano particolarmente disturbanti per chi cura persone affette da Alzheimer. La sfida è capire il significato di questi comportamenti.

Per farlo bisogna risalire al bisogno che la persona malata di Alzheimer sta cercando di comunicarci, perché ogni disturbo comportamentale è in realtà un’espressione comportamentale, che ha una valenza comunicativa. I malati di questa forma di demenza vorrebbero poter esprimere un disagio, una fatica o un fastidio, ma non ci riescono con gli strumenti “classici” perché le loro facoltà sono compromesse; chi si prende cura di una persona affetta da Alzheimer deve perciò essere bravo a risalire a questi bisogni e disagi che si nascondono dietro questi comportamenti.

Come curare l’Alzheimer: i consigli degli operatori

Uno dei principi più importanti della cura dell’Alzheimer è la scelta del linguaggio che utilizziamo quando ci approcciamo con il nostro caro. La cosa a cui dobbiamo prestare maggiore attenzione è il linguaggio non verbale perché in genere i pazienti colgono molto di più questo che non il contenuto delle nostre parole. Vale a dire che è più importante il come diciamo una cosa rispetto alla cosa in sé.

Possiamo fare qualche esempio: quando ci rivolgiamo a una persona affetta da Alzheimer dovremmo sempre metterci di fronte a essa e non a lato, né tantomeno dietro di essa, perché le persone con Alzheimer tendono ad avere un campo visuale ristretto; il tono deve essere dolce e pacato, non bisogna mai urlare anche quando il nostro caro ha problemi di udito; infine è consigliabile formulare frasi molto brevi per facilitare la comprensione; è bene anche non fare domande che potrebbero creare frustrazione se non fosse in grado di rispondere.

Quest’ultimo punto è uno dei più delicati. Capita molto frequentemente a un caregiver di chiedere al proprio caro, quando compare una persona, amico o parente, se si ricorda chi sia. Questo atteggiamento è sbagliato, nel senso di dannoso, è invece molto meglio anticipare la frustrazione del nostro caro nel non saper riconoscere chi ha di fronte, spiegando di chi si tratta, dicendo il nome e ricordando la parentela o il grado di relazione con essi. Dobbiamo cercare, quanto più possibile, di fornire noi le informazioni necessarie.

Infine, quando la persona malata di Alzheimer parla, dobbiamo solo metterci in ascolto, senza correggerla né riportarla all’argomento inziale se dovesse cambiare completamente discorso.

Come diciamo spesso, un utile strumento per mitigare gli effetti dei disturbi comportamentali sono le terapie non farmacologiche, da scegliere e utilizzare secondo le indicazioni del medico curante o di uno specialista. Ma soprattutto è il nostro atteggiamento che conta: le persone che hanno una demenza sentono tantissime le emozioni, sia le proprie sia quelle dell’operatore, perciò se il caregiver è tranquillo, il paziente lo sente e ne beneficia.


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