
L’Alzheimer è la causa più comune tra le varie forme di demenza e riguarda una percentuale che varia tra il 50 e il 60% di tutti i casi ed è una malattia dai numeri scioccanti e sempre in aumento. Dal momento che la demenza è correlata all’età, spesso i sintomi non vengono riconosciuti, credendo che le loro conseguenze siano dovute all’invecchiamento della persona. Invece è importante una diagnosi precoce
Troppo spesso la diagnosi dell’Alzheimer viene fatta tardi, rimandando le terapie con conseguenze gravi. Sensibilizzare la diagnosi precoce, con esami clinici e visite mediche è importante perché questa malattia non è l’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento, ma una patologia con caratteristiche cliniche specifiche.
Bisogna fare alcune premesse, prima di parlare di diagnosi precoce. La prima è che, purtroppo, a oggi non esistono metodi certi di prevenzione – se non seguire uno stile di vita e una dieta sani senza alcol, fumo e praticando attività fisica. Questa malattia però è degenerativa e non esiste nessun tipo di farmaco in grado di bloccarne l’avanzamento o di ridurre i danni causati. Esistono invece delle terapie per ridurre i sintomi cognitivi e comportamentali e, ancora più importanti, si esistono le cosiddette terapie non farmacologiche che aiutano a prendersi cura del malato, rasserenandolo, aiutandolo a mantenere attive le funzioni residue e a migliorarne, per quanto possibile, la qualità della vita.
Sebbene ogni paziente malato di Alzheimer sia diverso dall’altro e cambi durante il corso del tempo, per cui è fondamentale trovare la cura adatta, personalizzandola e cambiandola nel tempo per garantire che sia sempre quella migliore, esistono due principali forme di Alzheimer:
- a insorgenza precoce (o familiare): una forma abbastanza rara che colpisce le persone tra i 30 e i 60 anni e si manifesta in famiglia su più persone ed è causato da una mutazione genetica presente fin dalla nascita;
- a insorgenza tardiva (o tipico): è la forma più comune che colpisce generalmente le persone di più di 65 anni e non è ereditario.
Come si diceva, una cura in grado di guarire dall’Alzheimer non esiste. Per questo è fondamentale che la malattia venga diagnosticata il prima possibile.
La diagnosi può essere:
- probabile: quando, considerate tutte le possibilità che possono causare demenza, il medico stabilisce che i sintomi possono dipendere dall’Alzheimer;
- possibile: con questa diagnosi il medico stabilisce che la causa principale delle demenza sia l’Alzheimer, ma la presenza di un’altra malattia potrebbe influenzare la progressione dei sintomi;
- certa: questo tipo di diagnosi può essere fatta solo con un’autopsia del cervello (quindi dopo la morte del paziente).
Non esiste alcuno specifico test: la diagnosi è il risultato di un attento esame clinico della persona, effettuato attraverso una dettagliata raccolta di informazioni anamnestiche, un esame neurologico e alcuni di neuroimmagine e la somministrazione di test cognitivi. Eppure, nonostante non sia mai certa, la diagnosi precoce è molto importante, innanzitutto per poter utilizzare il prima possibile i farmaci già disponibili (quindi, a livello clinico per il paziente) e perché prima si diagnostica, maggiore è la possibilità di comprenderne i sintomi e le caratteristiche (livello scientifico per portare avanti la ricerca).
Nonostante grandi case farmaceutiche abbiano abbandonato la ricerca su farmaci per l’Alzheimer, non tutto è fermo. Uno degli obiettivi degli studiosi è trovare un super sensore in grado di rintracciare i segnali della malattia da una sola goccia di sangue. Data l’importanza della materia, la Commissione Europea ha nominato l’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti (Isasi) del Cnr “coordinatore” di un consorzio europeo per lo sviluppo della nuova tecnologia. Il primo gennaio 2019 è iniziato ufficialmente il progetto europeo SensApp (Super-sensitive detection of Alzheimer’s disease biomarkers in plasma by an innovative droplet split-and-stack approach). Il progetto è stato selezionato tra 375 proposte e finanziato dalla Commissione Europea con più di 3 milioni di euro.
E sempre in tema di diagnosi precoce, un gruppo internazionale di ricercatori ha creato un videogame, Sea Hero Quest, attraverso il quale è possibile individuare segnali o comportamenti di chi gioca che possono essere segnali legati all’insorgenza di una forma di demenza. Gli studiosi hanno raccolta una quantità enorme di dati, attraverso i 4,3 miliardi di utenti che hanno scaricato la app, che si spera possa essere utile per individuare nuove terapie.