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Alzheimer: gli inizi. Tutte le domande che ci facciamo – parte 1

By Novembre 12, 2021Alzheimer
Alzheimer: gli inizi

Quali sono i sintomi? E quando è il caso di rivolgersi a un medico? Queste sono solo due delle tante domande che tutti noi ci facciamo di fronte alla comparsa dell’Alzheimer. Grazie all’aiuto degli esperti di Korian, risponderemo ai quesiti più frequenti che ci poniamo noi caregiver.

 

Sebbene sia una malattia diffusa (e lo sarà sempre di più), spesso quando compare l’Alzheimer abbiamo così poche informazioni a disposizione, che siamo ancora più in difficoltà di quanto già non saremmo se fossimo preparati. Troppe cose ancora non si sanno, troppo poco ancora si parla. Ecco allora che grazie al team Korian cercheremo di capire cosa comporta l’Alzheimer soprattutto agli inizi, quali sono i sintomi, le difficoltà e quali aiuti si possono avere.

Alzheimer: gli inizi, le domande e i dubbi più frequenti

Innanzitutto possiamo fare chiarezza sulla terminologia e in particolare sulla differenza tra Alzheimer e demenza senile. L’Alzheimer è stato diagnosticato a inizio Novecento per la prima volta a una donna giovane di circa 50 anni: quello che venne diagnosticato e i danni cerebrali che vennero riscontrati al momento della morte sono gli stessi che si riscontrano in persone in età senile affette da questa malattia. Quindi il primo mito da sfatare è che i sintomi dell’Alzheimer dipendano dall’invecchiamento delle persone. E questo significa anche che, dal punto di vista pratico e terapeutico non ci sono grandi differenze tra demenza senile e l’Alzheimer, che infatti richiedono lo stesso tipo di approccio e anche di intervento.

Un’altra curiosità comune è sapere a che velocità si sviluppa questa malattia. Essendo progressiva e cronica, l’Alzheimer ha un andamento molto lungo, quindi il problema spesso è che da una fase preclinica, che può durare anche uno o due anni, la malattia può evolvere fino addirittura a 10 o 12 anni. Si tratta di un deterioramento graduale, ma che non evolve alla stessa velocità per tutti: in alcuni casi è più rapida, in altri lenta, quindi dalla fase preclinica in cui è presente ancora una certa autonomia fino ad arrivare alla perdita delle più semplici capacità quotidiane, il percorso è diverso per ogni paziente. Per questo non è possibile fare previsioni di durata della malattia.

Molto spesso capita di preoccuparsi se una persona cara intorno ai 55 anni (o anche noi stessi) si dimentica di alcune cose banali, come il nome di una persona, la strada per arrivare in un luogo conosciuto, il posto dove ha lasciato un oggetto. Se ci troviamo di fronte a pochi casi sporadici non possiamo ritenerli identificativi della malattia di Alzheimer, soprattutto visti i ritmi frenetici che quasi chiunque di noi ha oggi nella sua vita. Ma è comunque importante rivolgersi al medico. C’è da dire che sono rari i casi di presa di coscienza autonomi, in genere sono i familiari che vedono i sintomi e prendono la decisione di andare a riferirli.

Quando viene fatta la diagnosi in una fase precoce della malattia, si ha la possibilità di intervenire con una terapia farmacologica che va a stimolare le parti ancora funzionanti, ma ancora più importante è mettere in pratica la riabilitazione cognitiva che spesso sfugge perché si pensa che la plasticità del cervello non debba essere stimolata se non in casi specifici, invece è una cosa importante da fare. Per questo la diagnosi precoce è importante e non va evitata per paura di quello che si potrebbe scoprire.

Puoi approfondire la tematica dell’Alzheimer con le guide e le registrazioni dei webinar passati accedendo alla piattaforma Spazio Salute.

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