
Curare l’Alzheimer sembra una sfida impossibile, ma spesso ci si dimentica che quando si parla di questa forma di demenza la cosa fondamentale è l’atteggiamento e la conoscenza. Ecco perché Korian ha sviluppato il metodo Positive Care, basato su un approccio multidisciplinare. Ecco come funziona.
Accendere una luce sull’Alzheimer e la demenza: questo è l’obiettivo del progetto Fermata Alzheimer, ideato da Korian che ha preso il via lo scorso 20 settembre, alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alzheimer. A partire dai numeri: ogni tre secondi una persona nel mondo sviluppa una forma di demenza, ci sono 55 milioni di persone nel mondo che soffrono di questa malattia e 1.100.000 soltanto in Italia ed entro il 2030 diventeranno 78 milioni a livello globale.
Fermata Alzheimer è rendere concreto un impegno fatto di passione, qualità e cura per sensibilizzare a questa malattia, non solo i pazienti, ma soprattutto sui caregiver che spesso si trovano spiazzati di fronte alla comparsa di questa forma di demenza.
Positive care: che cos’è?
Avete mai sentito parlare, per esempio, di Positive Care? Si tratta di un metodo unico che è stato sviluppato da Korian, utilizzando un approccio multidisciplinare e che si può riassumere con le terapie non farmacologiche da un lato e la personalizzazione dall’altro, finalizzato a una maggiore umanizzazione della cura e della malattia. Questo approccio è volto a migliorare la qualità della vita dei pazienti e cercare di conservare il più possibile le loro facoltà residue: motorie, fisiche, cognitive…
Positive Care vuol dire soprattutto mettere al centro il paziente e i familiari, individuando le cure migliori e insegnando ai caregiver come comportarsi. Ma ci sono anche altri aspetti che vengono coinvolti in questo approccio, come la cromoterapia, gli arredi delle strutture o delle case e anche la realizzazione di giardini terapeutici. Un ruolo importante è occupato dalle terapie non farmacologiche che possono essere applicate sia in ambito casalingo sia nei nuclei protetti delle RSA e che sono volte a preservare determinate abilità. Sono studiate specificatamente su ogni paziente da un team multidisciplinare e valutate con scale cliniche internazionali e il risultato finale viene misurato a 3 o 6 mesi per valutare l’efficacia.
Terapie non farmacologiche: quali sono e come funzionano?
Le terapie non farmacologiche lavorano su tre pilastri: stimolazione funzionale – ginnastica normale, riabilitativa o soft; stimolazione cognitiva – lavorando su abilità che sono preservate, non quelle ormai perse, quindi per esempio terapia della reminiscenza, ri-orientamento spazio-temporale; risoluzione dei disturbi produttivi e comportamentali che devono essere trattati il più possibile in maniera non farmacologica – esempi sono la musicoterapia o la doll therapy e il metodo validation. Tutti i benefici vengono misurati in base agli obiettivi che ci si pone all’inizio della terapia. L’importante è applicare queste terapie tutti i giorni attivamente per poter ridurre l’isolamento del paziente e soprattutto la solitudine.
Il tour digitale Fermata Alzheimer prosegue: potete partecipare ai prossimi incontri registrandovi qui.