
La cromoterapia è considerata una forma di medicina alternativa e consiste nell’utilizzo dei colori – per l’illuminazione, per la decorazione delle pareti e gli arredi delle stanze – a fini terapeutici. La scelta dei colori può aiutare nella cura della malattia di Alzheimer.
I colori rappresentano una forma di energia. Essi, infatti, sono in grado di attivare la nostra mente, il nostro corpo e le nostre emozioni. Sono capaci di suscitare reazioni, positive o negative, e dunque possono essere usati anche con funzioni terapeutiche. La cromoterapia è una terapia non farmacologica che si può applicare anche ai malati di Alzheimer: sempre più RSA la impiegano nei loro spazi, ma può anche essere usata da chi si prende cura di una persona in casa.
Scegliere un colore invece di un altro fa la differenza perché le cromie hanno potere terapeutico, potendo favorire e accelerare il recupero della salute. Per esempio la cromoterapia può essere usata contro la depressione, perché i colori aiutano a spostare l’attenzione dal proprio disagio, suscitando un’emozione più positiva.
Cromoterapia e Alzheimer: quali colori scegliere?
Occorre per prima cosa fare una distinzione tra colori freddi e caldi. Rientrano nei primi l’azzurro, l’indaco e il viola, mentre fanno parte dei secondi il rosso, l’arancione e il giallo. In mezzo, punto di equilibrio tra le due tipologie di tonalità, c’è il verde, che infatti ha un effetto di benessere e riequilibrante sulle persone.
I colori caldi hanno un effetto eccitante, andando ad aumentare l’attività muscolare, la pressione sanguigna, la frequenza del respiro e il battito cardiaco. Queste cromie sono utilizzate, in genere, nelle zone o nelle sale adibite alle attività riabilitative dove i malati di Alzheimer compiono azioni o sforzi, come per esempio le “palestre”. I colori freddi invece, come il blu, hanno potere calmante e rilassante e diminuiscono la pressione sanguigna.
Cromoterapia e Alzheimer: lo studio
Uno studio pubblicato sul “Western Journal of Nursing Research”, la professoressa LuAnn Nowak Etcher, ha riferito che i pazienti trattati con luce blu-verde manifestano miglioramenti. Chi ha ricevuto il trattamento sembrava più sveglio e vigile, più competente verbalmente e ha mostrato una migliore capacità di riconoscere, ricordare e di coordinazione motoria. In generale, poi, anche lo stato d’animo risultava migliore.
In particolare la cromoterapia, e lo studio della dottoressa Etcher, possono essere usati come terapia non farmacologica per curare sintomi dell’Alzheimer quali il sundowning. Questo fenomeno, molto frequente nelle persone affette da questa forma di demenza, peggiora i sintomi della malattia al tramonto del sole, quando si fa buio.
A ognuno il suo colore
Se la persona che abbiamo in cura soffre di depressione, apatia o mostra disinteresse per ogni attività che le viene sottoposta, un rimedio utile potrebbe essere l’esposizione a una luce calda, arancione o gialla. Questi colori fanno bene ai nervi e al cervello, stimolandoli. Il rosso, invece, è da usare con più moderazione ed è indicato solo in stanze dove è richiesta un’attività più “intensa”.
Quando invece abbiamo a che fare con persone agitate, aggressive o addirittura violente, dovremmo esporle a luci dalle tonalità fredde, come il blu e il viola, che hanno doti calmanti, rallentando l’attività cardiaca. Per questo i colori freddi sono indicati anche nelle camere da letto, perché favoriscono il sonno, mentre un colore come il rosso potrebbe causare nervosismo e ansia.
Il verde, che come si diceva, rappresenta il punto centrale della scala cromatica, è invece il migliore colore terapeutico, perché ha un effetto riequilibrante.
I colori hanno una funzione ulteriore oltre quella estetico-decorativa. Possono suscitare calma, ma anche reazioni apprensive, e devono quindi essere scelti attentamente in base alla funzione della sala che andranno ad “arredare”.