
I membri di una famiglia sono in genere i primi a vedere comparire i primi segnali dell’Alzheimer e a vivere i primi disagi della malattia, senza sapere bene cosa fare. Il loro ruolo è fondamentale, quindi vanno sensibilizzati
Ancora oggi, nonostante i numeri stupefacenti della diffusione della malattia di Alzheimer, se ne parla poco e soprattutto si fa poca sensibilizzazione al tema. Sarebbe invece importante che ciò avvenisse sia per preparare le persone che dovranno conviverci sia perché l’Alzheimer investe diversi settori della vita sociale.
Molte persone colpite da questa malattia vivono, ancora oggi, in una condizione di solitudine perché spesso questa patologia non è compresa e non viene “riconosciuta” e perché, a volte, i servizi sanitari non se ne occupano. In questa prospettiva gioca un ruolo centrale la famiglia, perché rappresenta il luogo dove i primi sintomi possono essere osservati e dove chi si sente in difficoltà, si sente protetto, dove può ricevere supporto psicologico, accompagnamento nelle difficoltà e verso interventi medici.
C’è da tenere presente che, a volte, la fatica stessa del caregiving può portare a incomprensioni più o meno gravi tra i componenti della famiglia; nelle dinamiche di coppia e anche tra genitori, figli, nipoti, collaterali, sono però mediamente più rilevanti gli atti di generosità che non quelli di egoismo.
Alzheimer e famiglia: dove trovare il giusto supporto
Nella maggior parte delle famiglie, l’Alzheimer arriva come un fulmine a ciel sereno che fa emergere paure, nascondimenti, rifiuti: è infatti la modalità con la quale la grande maggioranza dei non addetti ai lavori affronta una realtà nuova, sconosciuta, priva di riferimenti forti. La prima persona da interpellare, quando compaiono dei campanelli d’allarme, è il nostro medico di base, anche se a volte questo potrebbe non bastare. E bisogna allora rivolgersi a uno specialista.
Ma le famiglie devono essere consapevoli di essere la prima risorsa per il loro malato, una risorsa preziosissima. Nel nostro paese la grande maggioranza delle famiglie si occupa dei propri cari affetti da demenza con impegno, generosità, competenza; infatti alcuni dati empirici indicano in circa il 25% la prevalenza di situazioni di rifiuto-indifferenza, mentre la stragrande maggioranza esercita le proprie funzioni in modo adeguato, seppure tra molte difficoltà.
D’altra parte, l’impegno delle istituzioni, del sistema sanitario e delle comunità in generale mira a rinforzare con supporti adeguati sul piano clinico, psicologico e organizzativo le famiglie che già affrontano la demenza in modo corretto e con impegno generoso.
Le famiglie, da parte loro, una volta individuato il problema e ad aver deciso di non sottrarsi, ma di occuparsene attivamente, deve anche essere capace di stabilire una squadra di aiuto, composta da equipe multidisciplinari, con il medico, lo psicologo, l’assistente sociale ed eventuali volontari o infermieri. Questi devono essere in grado di accompagnare con pazienza e costanza l’evoluzione del vissuto della famiglia, appoggiandola ove necessario ai servizi più appropriati, tenendo presente che in alcuni casi il ricovero in una residenza per anziani rappresenta la risposta migliore sia per l’ammalato sia per la sua famiglia.