
Spesso i parenti di una persona malata di Alzheimer sono spaventati dall’ereditarietà del morbo. In realtà non tutti i casi di Alzheimer sono genetici e dunque ereditari. Lo è solo la forma cosiddetta precoce che si può manifestare anche in età molto giovane e che spesso è dovuta a una mutazione genetica
L’Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile.
Cos’è l’Alzheimer precoce?
La malattia, però, può manifestarsi anche in precedenza. Il 60% di queste forme ad esordio precoce sono denominate familiari, perché la malattia si manifesta in due o più persone appartenenti allo stesso nucleo familiare; il 13% di esse è causato dalla presenza di una mutazione genetica presente sin dalla nascita. Le rare forme di Alzheimer causate da una mutazione genetica vengono trasmesse con modalità di tipo autosomico dominante, quindi il 50% dei figli della persona portatrice della mutazione ha la possibilità di ereditarla.
L’Alzheimer precoce colpisce le persone tra i 30 e i 60 anni, mentre l’Alzheimer a insorgenza tardiva o episodica compare oltre i 65 anni.
Il primo campanello d’allarme, in questo caso, è la perdita di memoria a breve termine. Infatti, pur se non esclusivamente, i casi di Alzheimer precoce includono principalmente le forme familiari che presentano una compromissione della memoria episodica. Rispetto ai malati di Alzheimer in età senile, le persone affette da Alzheimer precoce hanno meno malattie cerebrovascolari, renali e cardiache.
Alzheimer precoce: informarsi e diagnosticarlo
Ma il danno neuropatologico, in chi soffre di Alzheimer a insorgenza tardiva e in chi di quello precoce, è lo stesso: placche di amiloide e degenerazioni neurofibrillari. Per effettuare una diagnosi accurata si può ricorrere al neuroimaging o allo studio del liquido cefalorachidiano (detto anche liquor).
Dal momento che una percentuale dei casi di Alzheimer familiare è causato da una mutazione genetica, è possibile verificarne la presenza e determinare il proprio genotipo APOE attraverso un prelievo di sangue. Queste analisi devono essere effettuate all’interno di un percorso conoscitivo strutturato, detto consulenza genetica. È bene sottolineare che i test genetici possono avere forti ripercussioni su chi li effettua: essi possono portare, indipendentemente dal risultato, a stress psicologici, all’autosvalutazione, a un senso di disorientamento e ansia fino alla presa di decisioni autolesive. Sul piano sociale, possono causare discriminazioni o difficoltà di inserimento in ambienti lavorativi o relazionali. Infine, in famiglia, i test genetici possono complicare la pianificazione del futuro, generando panico, disillusione e frustrazione. Per questo è davvero importante consultarsi con un medico e affidarsi a lui durante questo delicato processo. Circa la metà delle persone che prendono in considerazione il test, alla fine rinunciano, secondo i dati dell’Alzheimer’s Society.