
L’Alzheimer è una malattia degenerativa che colpisce il cervello e che, con l’avanzare, porta a conseguenze sempre più gravi. È la forma di demenza più comune e in genere il suo sviluppo è lento e graduale, ma ogni caso è diverso dall’altro.
Attualmente il morbo di Alzheimer non è curabile, ma sono disponibili dei trattamenti (farmacologici e non farmacologici) per i sintomi, mentre la ricerca continua. La difficoltà a trovare la cura dipende anche dalla difficoltà a capire e individuare le cause di questa malattia. Il nostro cervello conta cento miliardi di cellule nervose, chiamate neuroni, e ognuna di esse è collegata con molte altre. Ogni gruppo di cellule nervose svolge un lavoro specifico: ci sono quelli del pensiero, altri dedicati all’apprendimento e altri ancora che ci permettono di ricordare, di vedere, di sentire… Per funzionare queste reti di comunicazione richiedono energia e coordinamento.
L’Alzheimer incide proprio su questo, sul malfunzionamento di alcune parti di queste reti e che, a cascata, genera altri problemi, ecco perché è importante diagnosticarlo il prima possibile. Le cellule nervose danneggiate perdono le loro capacità e lentamente muoiono, provocando mutamenti irreversibili nel cervello (perdita di tessuto) delle persone affette da Alzheimer.
La distruzione e la morte delle cellule nervose, infatti, è la responsabile della perdita di memoria, dei cambiamenti di personalità e di ogni disturbo comportamentale o cognitivo che conosciamo dell’Alzheimer.
Alzheimer: cosa succede nel cervello delle persone malate
La corteccia cerebrale si accartoccia, danneggiando le aree coinvolte nel pensiero, nella pianificazione e nel ricordo. Questo fenomeno avviene soprattutto nell’ippocampo, l’area principalmente coinvolta nella formazione dei ricordi.
Al microscopio il tessuto cerebrale di una persona affetta da morbo di Alzheimer appare diverso rispetto a quello di una persona sana. Gli effetti più visibili per i medici sono:
- la diminuzione di cellule nervose e sinapsi;
- la formazione di placche tra le cellule nervose.;
- la presenza (nelle cellule nervose morte e che stanno morendo) di grovigli.
Le placche sono grandi grappoli di frammenti di proteina beta-amiloide, mentre i grovigli, detti anche viluppi, sono filamenti aggrovigliati della proteina chiamata tau.
Purtroppo la ricerca non ha ancora saputo dare risposte certe sulle cause della morte delle cellule nervose e della perdita di tessuto nel cervello, ma le placche e i grovigli sembrano essere i maggiori responsabili nel blocco della comunicazione tra le cellule nervose e nell’ostacolo dei processi dei quali le cellule hanno bisogno per sopravvivere.
Alzheimer, placche e grovigli: cosa succede nel cervello
Le placche e i grovigli tendono a diffondersi nella corteccia seguendo uno schema prevedibile (che coinvolge prima le aree che riguardano la memoria), ma con una velocità molto variabile da caso a caso. Le persone affette da Alzheimer vivono in media otto anni, ma alcuni pazienti possono infatti sopravvivere fino a venti anni. Il decorso della malattia dipende in parte dall’età in cui questa viene diagnosticata e dalle condizioni di salute del paziente.
Anche se la maggior parte delle persone sviluppa alcune placche e grovigli con l’età avanzata, chi soffre del morbo di Alzheimer tende a svilupparne molti di più.
Nonostante la ricerca sull’Alzheimer sia lenta, i ricercatori sono concentrati per scoprire di più così da poter poi trovare cure o modi per fermare la sua progressione. Le ricerche più promettenti riguardano nuove possibili tecniche di biologia molecolare con le quali si potrebbero avere diagnosi precoci. L’Alzheimer è infatti una malattia che ha un processo molto lento di sviluppo: i sintomi visibili sono la punta dell’iceberg dei cambiamenti cerebrali che avvengono nel cervello della persona malata a partire fino da 20 anni prima.
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